IL CASO DI CARLA MORAN
15/11/2007
La letteratura e la cinematografia sono ricchi di prodotti definiti “basati su una storia vera”. È fuori discussione che presentare un racconto in questo modo ne aumenti la suspense e lo renda più interessante agli occhi del pubblico, e se questo funziona per storie relativamente “normali”, figuriamoci quali fantasie può scatenare quando i racconti così detti basati (o, per usare un termine molto meno impegnativo e sempre più frequente in questi casi, “ispirati”) su eventi realmente accaduti hanno a che fare col paranormale. È il caso della (presunta) storia vera di Carla Moran. Sui fatti narrati intorno alla vita di questa donna esistono almeno tre versioni: la prima, la così detta “storia vera”; la seconda, cioè il libro che la narra, e la terza, la versione cinematografica tratta dal libro. Come accade normalmente in questi casi, la storia ha subito delle “trasformazioni” a ogni passaggio, e in effetti sarebbe davvero faticoso (immagino) anche per un credente nel paranormale pensare che nella realtà sia accaduto quanto descritto nel film in questione, soprattutto nel finale. Sia il libro che il film, usciti rispettivamente nel 1978 e nel 1982, hanno lo stesso titolo: “The Entity”.
In breve: la protagonista della storia è Carla Moran, appunto, una donna dall’esistenza complicata, che comincia all’improvviso a subire aggressioni fisiche, compresa la violenza sessuale, da parte di una “entità” invisibile, che emana un forte odore di carne marcia e dalla straordinaria forza fisica. All’inizio nessuno le crede, tanto meno lo psichiatra al quale si affida, successivamente trova conforto in un gruppo di parapsicologi che non solo le credono, ma decidono di aiutarla a liberarsi dall’entità addirittura tentando di catturarla.
Alla fine Carla Moran esce da questa brutta storia, ma in tre modi diversi nelle tre versioni.
Nel trailer che anticipava l'uscita del film, la storia veniva presentata come il più importante caso paranormale mai studiato e ancora senza soluzione. Com’è facile immaginare, è normale, per la presentazione di un film, “pomparlo” un po’, magari esagerando con le affermazioni, soprattutto quando nessuno avrebbe potuto contraddirle, come in questo caso, se non coloro che investigarono personalmente sulla vicenda, salvo il particolare che gli stessi erano anche consulenti nella sceneggiatura del film. Ciò che rende “diverso”, in un certo senso, il caso di Carla Moran, sta nel fatto che in esso furono coinvolti personaggi e “istituzioni” che ammantarono la vicenda di un velo di credibilità scientifica che tuttora fatica a essere squarciato. In primo luogo, i parapsicologi che si occuparono del caso all’epoca lavoravano sotto l’egida di un personaggio che ha rappresentato per alcuni anni un punto d’unione molto importante tra il mondo scientifico e quello del paranormale: Thelma Moss
Donna dall’esistenza movimentata, come Carla Moran del resto, Thelma Moss si è guadagnata un posto nelle cronache statunitensi degli anni settanta (anche) per essere stata psicologa e direttrice del laboratorio di parapsicologia, facente capo all’istituto di neuropsichiatria dell’Università di Los Angeles, California. Per quanto strano possa sembrare a qualcuno, un laboratorio del genere è realmente esistito; anzi, se ci caliamo per un attimo nel contesto storico e geografico in questione, fatto di “figli dei fiori”, “era dell’acquario”, rifiuto di una realtà fatta di guerre (quella fredda, con l'Unione Sovietica, e quella, molto calda, in Vietnam) e futuro nucleare, e, non meno importante, montagne di LSD, risulterà, alla fine, molto meno inverosimile di quanto possa apparire a prima vista. Ovviamente non tutto l’establishment universitario vedeva di buon occhio le attività del laboratorio, anzi, nel corso della sua esistenza fu osteggiato costantemente dalla parte più conservatrice del senato accademico, che alla fine prevalse e ne ottenne la chiusura, ma finché funzionò Thelma Moss lo diresse molto attivamente, studiando “scientificamente” i più disparati fenomeni paranormali, e fu infatti grazie al suo lavoro divulgativo e ai frequenti viaggi oltre cortina che gli Stati Uniti conobbero la “fotografia Kirlian”, ma questa è un’altra storia.
Il laboratorio della Moss era frequentato da un ampio giro di personaggi più o meno pittoreschi, tra i quali due giovani ricercatori del paranormale: Karry Gaynor e Barry Taff. I due ottennero una notevole pubblicità dalla vicenda, divenendo, come anticipato, anche consulenti sia per la stesura del libro di Frank De Felitta che per la sceneggiatura dell’omonimo film. L’immagine di Gaynor si è nel tempo un po’ offuscata, pur essendo ancora accreditato come uno dei più importanti parapsicologi statunitensi, mentre Barry Taff è praticamente, ad oggi, una vera e propria autorità in materia. È stato infatti soprattutto Taff a continuare a parlare del caso di Carla Moran, praticamente da trent’anni, e tutto ciò che di “reale” è possibile sapere di questa vicenda proviene dalle sue dichiarazioni su ciò che non è stato romanzato della presunta “storia vera” di cui sopra. Taff è probabilmente la persona che ha vissuto la vicenda più da vicino fin dall’inizio, dopo, ovviamente, Carla Moran. Le fonti sui “lavori” di Taff hanno un’autorevolezza non proprio inattaccabile, una delle principali essendo lui stesso e i suoi libri, e le altre essendo costituite per lo più da riviste, molte delle quali ormai inesistenti, e siti internet più o meno specializzati in paranormale e parapsicologia. Da tali fonti è stato possibile raccogliere le informazioni riguardanti la vita e le opere del parapsicologo. Da esse è inoltre possibile apprendere che Barry Taff si è laureato in psicofisiologia, ha studiato ingegneria biomedica presso l’Università di Los Angeles, California, e detiene 6 non meglio specificati “brevetti” medici. Dal 1969 al 1978 ha lavorato presso il laboratorio della Moss come ricercatore associato, occupandosi dello studio di svariati fenomeni paranormali, tra cui telepatia, UFO, chiaroveggenza, poltergeist, previsione del futuro e altro. Nei trent’anni successivi pare abbia collezionato una quantità che supera le 4000 investigazioni in casi di poltergeist, fantasmi e possessioni, divenendo la massima autorità statunitense nel campo. Nel 1969 fu lui stesso oggetto di ricerca parapsicologica in qualità di medium. Oltre a “The Entity”, è stato consulente tecnico per numerosi altri libri e film, tra cui “Poltergeist”, nonché per numerose istituzioni governative e locali, tra le quali: la CIA, l’FBI, i servizi segreti della marina militare, la National Security Agency, l’Interpol, il dipartimento di polizia di Los Angeles, la California Highway Patrol (quelli di “Chips”).
Lui si definisce “scettico”.
Quella che segue è, in estrema sintesi, la storia di Carla Moran nella sua forma più vicina alla realtà, tale come sono riuscito a ricostruirla dopo una lunga ricerca, scremata dalle innumerevoli “correzioni” che in più di trent’anni un argomento come questo ha attirato. Volendo essere più precisi, parlare di “fedeltà alla realtà” in una storia come questa è un po’ azzardato, ma ci sono risvolti psicologici e sociologici, esposti più avanti, secondo me comunque degni di nota, a prescindere dalla veridicità della vicenda e dei suoi testimoni. Cominciamo col dire che “Carla Moran”, com’è facilmente intuibile, è un nome inventato. Il vero nome della protagonista della storia pare fosse "Doris Byhter". Non è dato sapere in che modo Doris conobbe Taff e Gaynor, ma si sa che ciò avvenne nell’estate nel 1974, quando “l’entità” cominciò a perseguitarla. Prima dell’incontro con i due parapsicologi, la donna era già stata vittima di diversi attacchi da parte dell’entità, durante i quali era stata colpita da vari oggetti che si trovavano in casa, percossa e violentata. Doris all’epoca aveva 35 anni, e viveva in una piccola casa a Culver City, un sobborgo di Los Angeles, con i suoi tre figli maschi di 3, 12 e 16 anni. Dopo un primo sopralluogo, tra il 22 agosto e il 31 ottobre dello stesso anno la casa e la vita di Doris Byther vennero investigate da circa 50 persone, tutte più o meno esperte di paranormale o appassionate della materia. Le visite dei ricercatori in casa di Doris furono in totale 8. All’inizio della ricerca, in almeno una delle visite, la seconda, non fu Doris a indicare agli studiosi quando l’entità era presente in casa, ma una sua amica medium, Candy. Durante alcune di queste visite furono scattate delle fotografie nelle quali era possibile osservare strani effetti luminosi, a detta di non meglio precisati esperti, “veri”, cioè non creati tramite manipolazione delle immagini, poiché non sarebbe stato possibile, almeno per l’epoca, dare alle luci quelle forme attraverso un fotomontaggio. La foto riportata all’inizio di questo intervento raffigurerebbe, sempre secondo Taff, la stessa Doris Byther (seduta sul letto) con un gruppo di ricercatori durante una di queste sessioni, e sarebbe stata scattata esattamente nel momento in cui affermava che l’entità era presente nella stanza. I ricercatori non si sarebbero accorti di niente, solo al momento della stampa delle foto avrebbero osservato i fenomeni luminosi.
Alla settima visita della ricerca erano presenti anche Thelma Moss e Frank De Felitta, oltre ad alcuni psichiatri anche loro appassionati di paranormale. L’ottava e ultima visita, invece, da parte di Taff e Gaynor, risultò completamente infruttuosa. Dopo quella volta i due parapsicologi persero ogni contatto con Doris, che tornò a farsi sentire circa tre mesi dopo per informarli di essersi trasferita e che gli attacchi continuavano, seppure diminuiti in frequenza e intensità. Da quel momento in poi le comunicazioni con Doris Byther divennero sempre più rare. In quelle successive, la donna informava Taff di avere scoperto di essere incinta, a suo dire, per opera dell’entità, ma dalle visite mediche risultò trattarsi di una gravidanza isterica, mentre in una comunicazione ulteriore la donna affermava di credere che l’entità volesse ucciderla. Taff sentì di nuovo Doris nel febbraio del 1983, nel periodo in cui il film era da poco uscito nelle sale. Gli disse che gli attacchi, con suo grande e comprensibile sollievo, erano cessati da qualche tempo. Fu l’ultima volta che Barry Taff parlò con Doris Byther. L’ultimo dei personaggi coinvolti nella storia ad aver parlato con lei è stato De Felitta, verso la fine degli anni ’90.
Negli anni che seguirono l’uscita del film, diverse donne, periodicamente, si sono presentate alla stampa statunitense affermando di essere la vera Carla Moran. L’ultima di esse dichiarò nel 2001 a un giornalista di essere malata di cancro, e fece la sua ultima apparizione televisiva nel 2004. In realtà non si sa se fosse Doris Byther o l’ennesima mitomane. Pare invece che l’ultima apparizione televisiva di Barry Taff, in cui parlava del caso di Carla Moran, risalga al 2005, accanto alla brava Barbara Hershey, l’attrice che ne ha interpretato il personaggio nel film. Questi i fatti, al di là della finzione letteraria e cinematografica, come riportati da Barry Taff. È possibile leggere l’intero resoconto della storia in un documento chiamato “the real-life entity case”, originariamente pubblicato sulla rivista “Omni Magazine”, chiusa negli anni ’80 e nota per aver dato spazio tanto a premi nobel quanto a personalità dal retroterra scientifico molto meno solido. Altre informazioni sul caso si possono avere ascoltando un podcast (in inglese), presumibilmente registrato nel 1998 e della durata di circa 50 minuti, in cui è possibile sentire un riassunto della storia dalla viva voce di Taff, che in questa occasione parla anche di altri casi più o meno celebri di cui si è occupato. Il podcast contiene, oltre alle dichiarazioni di noti parapsicologi, una registrazione della voce di De Felitta.
Taff fornisce sostanzialmente due tipi di spiegazione sui fenomeni occorsi a Doris Byther: una è quella paranormale, quando cita un fenomeno conosciuto come RSPK (Recurrent Spontaneous PsychoKinesis); l’altra è più psicologica. Vorrei osservare a questo proposito che nel documento che racconta la storia vera, la parte psicologica della spiegazione cede il posto, proprio quando sembrava avviata su una strada del tutto plausibile, a quella paranormale.
Doris Byther non è la prima donna ad affermare di essere stata violentata da un’entità ultraterrena, e, a giudicare dagli interventi che ancora oggi si leggono sui forum dedicati all’argomento, nemmeno l’ultima, anzi, pare che soprattutto negli Stati Uniti i casi di aggressioni fisiche verso donne da parte di entità incorporee, anche se non sempre a sfondo sessuale, siano piuttosto frequenti. Certo, la possibilità della burla, della frode o della mitomania è sempre dietro l’angolo ma, senza scomodare il paranormale, ci sarebbe anche quella psicologica.
È ormai noto che alcune psicopatologie sono socialmente determinate. Sono, cioè, gli usi e i costumi di un determinato posto in un determinato momento a creare certi disturbi psichici e a dare loro la forma che assumono. Non so se Doris Byther fosse affetta da un disturbo psichico o meno, ma alcuni elementi della sua presunta storia vera lasciano pensare che la natura psicogena dei suoi sintomi non fosse del tutto da escludere. Disturbi psichici collegati più o meno manifestamente alle emozioni e, soprattutto, alla sfera sessuale, sono stati descritti in tempi non sospetti. Sigmund Freud seguì personalmente alcuni casi di “isteria di conversione monosintomatica”, nei quali i soggetti, di solito donne, durante gli attacchi isterici ripetevano coattivamente e in modo simbolico, cioè mimandolo, l’abuso sessuale del quale erano state vittime durante l’infanzia. In alcuni di questi casi le donne svilupparono anche gravidanze isteriche, con tanto di ingrossamento del ventre, fino al ritorno a uno stato fisiologico normale attraverso la psicoanalisi. Nell’aristocratico ambiente della borghesia viennese medio-alta, nel quale il giovane padre della psicoanalisi curò i suoi primi pazienti, fece scandalo la spiegazione che diede della così detta “sindrome del guanto destro”, che colpiva soprattutto giovani signorine di buona famiglia, e che si manifestava con una paralisi dei movimenti volontari della mano destra. Freud spiegò tale disturbo come l’esito dell’educazione fortemente repressiva che i bambini, e soprattutto le bambine, ricevevano in un ambiente eccessivamente formale, bigotto e moralista riguardo a tutto ciò che ruotava intorno al sesso. Secondo lui l’origine del disturbo era la rimozione del desiderio di masturbazione, la paura e il ribrezzo per la quale erano stati inculcati durante l’infanzia ai soggetti che ebbe in cura. La prova di quanto affermava sarebbe consistita nel fatto che una volta riportata alla luce tale paura nella coscienza del soggetto, il disturbo regrediva fino a scomparire in breve tempo. Un altro argomento affine a quanto appena detto riguarda la fenomenologia delle “stimmate”. La storia di Doris Byther potrebbe, da questo punto di vista, essere interpretata come il negativo delle storie di alcune celebri mistiche e stimmatizzate del passato. Secondo Dacquino, citato in De Vincentiis, le mistiche, spesso giovani donne educate molto rigidamente in famiglie fortemente osservatrici delle convenzioni religiose, avrebbero sostituito inconsciamente un amante reale con l’amante “divino”, materialmente irraggiungibile, privandosi quindi della possibilità di “peccare” fisicamente ma riportando sul corpo i segni di tale “unione”.
È di qualche mese fa la notizia di una donna inglese di mezza età che verrebbe colpita da una paralisi muscolare totale, fino alla perdita della coscienza, non appena provi solo a pensare di esprimere verbalmente le proprie emozioni, soprattutto quando vorrebbe comunicare ai suoi cari l’amore che prova nei loro confronti.
Lungi dallo spiegare una storia che non si sa ancora (e forse non si saprà mai) se sia realmente accaduta, tutti questi casi dovrebbero servire quanto meno a spiegare che le relazioni tra psiche e corpo, soprattutto in tema di amore e sesso, sono ben più consistenti e complicate di quanto possa sembrare, al punto da superare, talvolta, anche la fantasia.
Tra gli interventi nei forum in cui si parla del caso di Carla Moran, fra le possibili spiegazioni, viene spesso citato un disturbo psichico noto come “paralisi del sonno”. Tale citazione non ha senso, poiché i sintomi di questo disturbo sono nettamente diversi da quelli descritti nella storia, come avrò modo di chiarire in un prossimo articolo.
Anche se falsa, la storia si presta bene all’interpretazione psicologica. Sia nel libro che nel film è evidente l’intervento di consulenti tecnici per quanto riguarda questo aspetto, anche se talvolta entrambe le narrazioni non sono prive di strafalcioni che un addetto ai lavori non può non notare, come quando Carlotta (così viene chiamata nella versione italiana del libro) viene definita dagli psichiatri in un brevissimo arco temporale prima “isterica”, poi “psicotica”, poi “psicopatica” e infine “nevrotica”. Un altro elemento a favore della spiegazione di tipo psicogeno, riguarda il fatto che, in comune con i fenomeni descritti dalla parapsicologia come “poltergeist”, anche molti disturbi psichici temporanei sono legati al luogo in cui si manifestano per la prima volta. Spostandosi, per esempio traslocando in un’altra casa o in un’altra città, anche i sintomi regrediscono, come afferma lo stesso Taff parlando della diminuzione degli attacchi da parte dell’entità in seguito ai trasferimenti di Doris Byther. Ed è ancora Taff ad ammettere che Doris beveva spesso, anche se le sue testimonianze non vennero ritenute frutto della passione per l’alcol. Tra i sintomi lamentati dalla Byther, figuravano anche ferite che riportava in diverse parti del corpo, e che asseriva esserle state inflitte dall’entità. Alcuni disturbi psichici contano tra i sintomi che li caratterizzano anche le ferite fisiche, come tagli o altri tipi di lesioni auto-inflitte. Alla base di simili comportamenti sarebbero eventi traumatici vissuti durante l’infanzia in cui il soggetto sarebbe stato vittima di un aggressore che ne avrebbe abusato. L’aggressore, vissuto originariamente dalla vittima come onnipotente, si ripresenterebbe in successive fasi della sua vita, continuando ad aggredirla e infliggendole ferite simili a quelle che le aveva inflitto nella realtà. Un comportamento simile è frutto di un uso distorto di meccanismi di difesa psicologica di cui ognuno di noi è dotato fin dall’infanzia. Dal resoconto che ne fanno Taff e De Felitta, Doris Byther avrebbe avuto in comune, tanto con le celebri mistiche del passato, quanto con donne sofferenti di disturbi psichici esiti di traumi infantili a sfondo sessuale, un’educazione particolarmente rigida, improntata ai formalismi della religione (il padre era un predicatore), impartitale da genitori autoritari, unita ad abusi a sfondo sessuale e violenze fisiche perpetrate nei suoi confronti dagli stessi genitori. In seguito si sarebbe unita spesso a uomini il cui comportamento nei suoi confronti era improntato al maltrattamento e all’abuso. Per quanto strano possa sembrare, scelte di questo genere sono molto comuni. Donne maltrattate dal padre da piccole, scelgono uomini che ricalcano i comportamenti della figura paterna. Inconsciamente, la scelta ricade su un aggressore che si conosce già, almeno a livello simbolico, piuttosto che su qualcuno che non si conosce e che potrebbe rivelarsi peggiore del male conosciuto. Spinta alle estreme conseguenze, una scelta del genere potrebbe determinare anche la creazione di un aggressore conosciuto ma irreale. Questo aspetto è ben rappresentato tanto nel libro quanto nel film nella parte finale, quando Carla alterna dichiarazioni di odio nei confronti dell’entità ad avvertimenti dati sottovoce alla stessa, coi quali le consiglia di andarsene, di fuggire, prima che la catturino. La odiava, ma la proteggeva allo stesso tempo.
Alcune delle aggressioni da parte dell’entità venivano descritte, tanto da Doris quanto dal suo personaggio, Carla, come portate a termine con l’aiuto di altri due esseri, anch’essi invisibili e fortissimi, ma più piccoli, che la tenevano, mentre quella più grande le usava violenza. Lo stesso Taff si avventura a questo punto in una spiegazione psicoanalitica di questo aspetto delle aggressioni, quando richiama l’attenzione sulla presenza, in casa con Doris, dei tre figli maschi, uno grande e gli altri due più piccoli, figli coi quali i rapporti della donna non erano privi di difficoltà.
Un aspetto apprezzabile soprattutto dagli addetti ai lavori, infine, non citato nella storia vera e presente invece nelle sue versioni fittizie, riguarda lo sfacciato controtransfert di cui è vittima il giovane psichiatra che prende in carico Carla, e che lo porterà, almeno nel libro, a ricoverarla a tempo indeterminato nell’ospedale di cui assume la direzione, dopo aver lasciato l’istituto universitario nel quale stava svolgendo l’internato al momento dell’incontro con la giovane e affascinante Carla.
Come fa notare William Evans nel suo articolo nel sito dello C.S.I.C.O.P., il cinema ama dipingere normalmente gli scettici come dogmatici autoritari misantropi, unici e arroganti bacchettoni custodi della verità ufficiale di ogni cosa, e “The Entity” non fa eccezione. Anzi, tanto il libro quanto il film sembrano l’ennesima battaglia dell’annosa guerra tra scettici e credenti nel paranormale, che va avanti ormai dall’Illuminismo, dalla quale la scienza ufficiale esce a pezzi, come nella scena del film in cui Carla Moran viene invitata a esporre il suo caso davanti all’intero staff psichiatrico dell’istituto nel quale è in cura, dopo di che, quando la paziente lascia la stanza, tutti i componenti dello staff (di cui fa parte una sola donna) che non lo stessero già facendo, cominciano a fumare, chi la sigaretta, chi il sigaro, chi la pipa, riempiendo in pochi secondi l’ambiente di una nuvola di fumo grigio che stride fortemente col bianco dei loro camici da medici.
Benché diventati nel tempo oggetti di culto tra gli appassionati del genere, né il libro né il film sono mai riusciti a sfondare come prodotti di massa. A mio parere, ciò che rende spinosa la storia di Carla Moran è lo sfondo sessuale nel quale si muovono i protagonisti della vicenda. Il sesso occupa una parte importante nell’economia di tutta la storia, poiché ha condizionato la vita di Carla/Doris e poiché viene chiamato in causa dal mondo scientifico come spiegazione di ciò che accade alla tormentata donna. “Si sta masturbando”, esordisce lapidario il capo dei medici alla fine della visita di Carla nel film. È questa insolita commistione tra sesso e spiriti, tra “profano e profano”, ad avere forse limitato le potenzialità di prodotti non inferiori per qualità ad altri dello stesso genere, che hanno invece riscosso un successo di pubblico molto maggiore. Almeno in Italia, il libro non è più stato pubblicato, mentre sul film si vocifera già da qualche anno che ve ne sia un rifacimento in preparazione, dato in imminente uscita prima per il 2006, poi per il 2007, ora per il 2008. Non è dato sapere i nomi del cast di questo fantomatico progetto, ma sulla regia circola insistentemente il nome di Hideo Nakata (Ringu, Ringu 2). Non sarebbe strano se questa volta gli aspetti sessuali della storia, particolarmente espliciti nella versione originale, venissero smussati, per puntare al grande pubblico, magari compensandoli con quelli più spettacolari degli effetti speciali, usati in modo parsimonioso ma molto efficace nella pellicola del 1982, soprattutto se si considera che la casa di produzione della nuova versione dovrebbe essere la Sony. Ho accennato in precedenza ai “pittoreschi” personaggi che hanno animato il laboratorio di Thelma Moss negli anni ’70. Tra questi non poteva mancare quella che è forse la più grande superstar del paranormale moderno, Uri Geller. Durante le mie ricerche sulla storia di Carla Moran, mi sono imbattuto in un articolo sulla Moss, pubblicato da Christopher Hawtree su "The Guardian" del 27 febbraio 1997, e ripreso nel sito di Geller, essendo citato anche lui. Dato che sarà oggetto di un mio prossimo articolo, ho deciso di pubblicare, come una sorta di “trailer” di presentazione del personaggio, per quei pochi che non lo conoscessero, lo scambio di e-mail che ho avuto con Geller sul caso di Carla Moran.
"Hallo
My name is Enzo Artale, I'm a psychologist from Siracusa, Italy. I'm investigating on the case of Carla Moran and her history, better known as "the entity case", on wich are based the early 80's book by author Frank De Felitta and the movie by director Sidney Furie, as you certainly know. I would ask if you know anything about the real events behind the story, if they are "real", or if it's been only a hoax? What do you think about it? Did you ever meet the real Carla Moran?
Thank's for reading my mail. Best Wishes."
"Hi Enzo I believe I met her many years ago. Much enegy Uri
Uri Geller from my BlackBerry."
Seguiva poi una lunga lista di marchi e prodotti che Geller pubblicizza, essendo questa ormai la sua prevalente occupazione. Orbene, al di là delle considerazioni sul mio inglese acrobatico, ho ipotizzato in prima istanza che la mail potesse essere stata scritta da un collaboratore di Geller, ma dato il contenuto della risposta, tipicamente “alla Uri Geller“, non è da escludere che sia stato lui a scriverla, come avrò modo di approfondire quando ne tratterò direttamente.
Enzo Artale
BIBLIOGRAFIA
De Felitta F., L’Entità, Euroclub Narrativa, Bergamo 1978.
De Vincentiis A., Estasi – Stimmate e altri fenomeni mistici, Avverbi, Roma 1999.