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UOMINI CHE ODIANO LE DONNE (E LE UCCIDONO)

26/08/2010

La fine dell'estate, come la fine di qualsiasi altro periodo, induce a fare bilanci e a trarre conclusioni. I bilanci e le conclusioni preferite dai mezzi di comunicazione di massa, per l'estate 2010, sembrano essere quelli relativi agli episodi di violenza contro le donne e, segnatamente, ai femminicidi, cioè gli omicidi di donne in quanto tali. Mai come quest'anno, infatti, la stampa si è occupata dei casi di omicidi di donne, evidenziandone l'aumento rispetto agli anni precedenti ed enfatizzandone la brutalità. Ma le cose stanno veramente così?

 Ho cercato in internet delle statistiche che mi aiutassero a capire l'andamento cronologico del fenomeno, ma non sono riuscito a trovarne nemmeno una. Ho compiuto tale ricerca non perchè non creda che durante questa estate i femminicidi siano aumentati rispetto agli ultimi anni, ma perchè dire che un fenomeno sia aumentato o diminuito rispetto agli altri anni, senza spiegare se il cambiamento è stato statisticamente significativo, non significa assolutamente nulla. Qualunque fenomeno può infatti essere soggetto a fluttuazioni periodiche dal punto di vista quantitativo, ma perchè si possa parlare di cambiamento significativo è necessario che i valori mutino secondo certi parametri che la statistica indica come tali, non basta che il fenomeno si manifesti genericamente "più volte degli altri anni".

 Qualunque persona di media intelligenza che abbia vissuto un numero sufficiente di anni per capire come funzionano i mezzi di comunicazione di massa, sa che le notizie sono prodotti, e come tali vengono vendute, e per farlo ciò che più conta non è il contenuto, ma il contenitore, l'imballaggio insomma, come ben sanno gli esperti di marketing che studiano le forme e i colori da dare alle confezioni dei prodotti in vendita nei supermercati e alla posizione da occupare negli scaffali perchè l'acquirente meno determinato possa notarli e restarne catturato. In un periodo come l'estate, in cui, a causa delle ferie e delle vacanze, accadono meno avvenimenti in generale, e soprattutto in politica (che nei mezzi di comunicazione di massa ha sempre un ruolo da protagonista), la stampa ha bisogno di riempire i propri scaffali di prodotti alternativi ben confezionati, se non vuole chiudere i battenti. Ecco dunque spuntare i cani killer, eserciti di pedofili, le meduse assassine e, quest'anno in particolare, gli uomini che uccidono le donne. Ricordo certe estati in cui sembrava che pitbull impazziti attaccassero vecchiette indifese e bambini innocenti un giorno sì e l'altro pure in ogni città italiana. Altre estati, invece, sembrava che dietro ogni angolo di strada si nascondesse un pedofilo pronto ad aggredire il malcapitato bambino di turno. Altre estati diventava improvvisamente pericolosissimo infilare un piede in mare perchè quasi certamente i poveri bagnanti sarebbero stati sbranati da meduse appartenenti a una nuova razza particolarmente aggressiva. Quest'estate, stranamente, nessun pitbull ha attaccato vecchiette o bambini, i pedofili hanno deciso di scioperare o sono guariti miracolosamente tutti in una volta, e le meduse scappano alla vista dei bagnanti. Vi pare possibile? Ovviamente è una domanda retorica. Purtroppo anche questa estate dei cani hanno fatto del male a delle persone per colpa della superficialità dei loro proprietari, dei pedofili hanno abusato di bambini, e in mare sono accaduti incidenti, legati a meduse o ad altre cause. Il punto è che anche le notizie, come qualsiasi altro prodotto commerciale, sono soggette alle mode. Se ogni estate la stampa proponesse la moda dei cani killer, dopo qualche anno la gente non guarderebbe più i telegiornali e non comprerebbe più i giornali d'estate, e così via. Ecco dunque che gli esperti di marketing dei mezzi di comunicazione di massa decidono di "pompare" ogni estate una notizia diversa, esasperandone i toni per convincere un pubblico distratto da altri problemi (veri) e accaldato a restare attaccato alla televisione o alla carta stampata per essere bombardato dalla relativa pubblicità.

 Tornando al discorso iniziale, cioè la violenza contro le donne, ho assistito pochi giorni fa a uno dei tanti dibattiti televisivi sull'argomento, che questa estate hanno furoreggiato in ogni canale. Sorvolando sulle opinioni dei soliti tuttologi ospiti chiamati a disquisire con la stessa compiaciuta aria da primi della classe su tutto, dalla teologia all'ultima partita di campionato, la tesi prevalente emersa da tali confronti tra "intellettuali" pare essere qualla della paura dell'uomo nei confronti delle donne. La progressiva emancipazione del ruolo femminile nella società occidentale moderna sarebbe infatti alla base dell'ancestrale timore maschile di perdere la propria posizione di sesso dominante. 

 Dato che le su citate trasmissioni televisive hanno scientificamente dimostrato che chiunque può essere chiamato a esprimersi su questo argomento, mi permetto, immodestamente, di dissentire. 

 Se la tesi di fondo fosse infatti esatta, dovrebbe essere vera anche l'ipotesi complementare. Negli stessi luoghi in cui oggi l'uomo teme la "concorrenza" femminile, in passato, quando la donna occupava un ruolo molto più assoggettato e sottomesso, egli non avrebbe avuto motivo di usarle violenza, poichè non avrebbe avuto nessuna ragione per temerla, invece, purtroppo, sappiamo che non è così. Ma anche senza ricorrere alla macchina del tempo, per smentire la tesi dominante proposta dai mezzi di comunicazione di massa, basta dare un'occhiata a quei luoghi e a quelle culture in cui, tutt'oggi, la donna occupa un ruolo sociale inferiore rispetto all'uomo. A qualcuno di voi risulta che, per esempio, nelle culture islamiche estremiste, in cui le donne sono considerate poco meno che carne da letto, esse non vengano sistematicamente uccise, torturate, seviziate, lapidate, fustigate, picchiate o maltrattate in mille altri modi, sia fisici che psicologici che sociali, pur non avendo l'uomo, in tali culture, nulla da temere in termini di emancipazione femminile? Per inciso, rimanendo entro i confini domestici, è il caso di ricordare che le trasmissioni televisive di cui sopra si riferivano soprattutto a casi di cronaca italiani, ma i dati smentiscono categoricamente che gli uomini del Bel Paese abbiano motivo di temere l'emancipazione femminile, rappresentando le donne infatti ancora una esigua minoranza nei posti di potere dei settori più importanti della vita sociale, e non basta mettere una donna (per altro ex protagonista di calendari sexy) al ministero delle pari opportunità per dimostrare il contrario. 

 Discorso a parte merita poi l'aspetto meramente psicologico dei fatti di cronaca di cui si parla. La stampa ama fare di tutta l'erba un fascio, per cui non distingue l'omicidio dell'ex fidanzato che accoltella la donna che lo ha lasciato da quello del marito e padre che uccide moglie e figli per suicidarsi subito dopo. Se la notizia di moda è la violenza contro le donne, tutto deve parlare di quello. Bisognerebbe invece analizzare caso per caso. Nella maggior parte dei fatti in oggetto, un'accurata anamnesi potrebbe svelare le vere cause dei casi di violenza contro le donne senza tirare necessariamente in ballo spiegazioni di natura socio-antropo-culturale. Nell'ipotesi dell'ex fidanzato che uccide la ragazza che lo ha lasciato, alla base ci saranno motivazioni particolari, legate magari a un disturbo antisociale della personalità o a una qualche forma di psicosi. Alla base del gesto del marito che uccide moglie e figli ci sarà con ogni probabilità una grave forma di depressione, che porta dapprima il soggetto a decidere di sopprimere sè stesso, ma anche a pensare che non può lasciar vivere le persone che più ama in un mondo così ingiusto e crudele. Questi sono solo due semplici esempi, la casistica reale è molto più complessa, ma credo siano sufficienti per dimostrare che parlare in generale di "uomini che odiano le donne" dopo ogni caso in cui una donna viene uccisa o maltrattata da un uomo è superficiale e pretestuoso. Magari, in seguito, si potrebbe parlare anche del contrario, per esempio di donne che uccidono i figli, di maestre che maltrattano gli allievi ecc. ecc. C'entra l'emancipazione anche in quei casi? 

 Un'ultima considerazione va fatta sull'estate. E' vero che d'estate la stampa ha meno carne da mettere al fuoco dal punto di vista politico, ma è altresì vero che non solo d'estate, ma durante le feste in generale, i gesti insani di alcuni individui, contro sè stessi o contro altri, subiscono un incremento quantitativo, anche se non nei termini che i mezzi di comunicazione di massa vorrebbero farci credere. In effetti alla base di tali fenomeni è una dinamica psicologica che noi addetti ai lavori conosciamo bene. Molti suicidi o tentati suicidi si verificano, per esempio, in date particolari, come quella del proprio compleanno, o del compleanno di una persona cara scomparsa o perduta, o del Natale, o, appunto, d'estate. In presenza di una depressione latente o conclamata, situazioni di festa, allegria generalizzata o più semplicemente di allontanamento dalle preoccupazioni quotidiane da parte di grandi masse di persone, acuiscono nei depressi la sensazione di essere ancora più soli, isolati, emarginati, abbandonati a un destino inevitabilmente ingiusto e malevolo. Gli altri si divertono, e io qui a soffire, allora sono veramente io quello che non va, quindi è giusto eliminarmi! O è giusto eliminare chi è causa della mia sofferenza!

 Il problema non è l'emancipazione delle donne. Il problema è la violenza, alla base della quale è l'aggressività, alla base della quale è a sua volta un insieme di variabili che vanno analizzate caso per caso. La donna, i bambini, gli anziani sono vittime perchè più deboli, soprattutto fisicamente. Se devo compiere violenza solo per sfogare le mie frustrazioni, sceglierò probabilmente qualcuno palesemente più debole di me, per aumentare le mie possibilità di successo, piuttosto che un pugile professionista. Una profilassi psicologica che partisse possibilmente da un'educazione precoce alla genitorialità, eviterebbe probabilmente l'incistarsi dei semi dell'aggressività durante l'infanzia, che potrebbero sfociare in violenza durante la vita adulta. 

Enzo Artale

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